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Tutto quello che c’è da sapere: i grassi

Ice cream scoops collection on white background

Cari amici, ci piace raccontarvi dei nostri prodotti, ma allo stesso modo, oggi vi parliamo dei “dietro le quinte” e di alcune informazioni utili per conoscere davvero il mondo attorno all’industria dolciaria e non solo.

I GRASSI 

I grassi idrogenati e la margarina sono composti industriali di sintesi, inventati all’inizio del secolo, largamente utilizzati dall’industria alimentare e contengono i grassi trans.

I grassi trans sono utilizzati per i seguenti motivi (puramente economici):

– costano meno dei grassi di qualità, come il burro;

– irrancidiscono molto più lentamente e quindi consentono una durata maggiore dei prodotti;

– hanno un punto di fusione più elevato rispetto ai grassi vegetali di partenza, quindi possono sostituire efficacemente il burro.

 

Perché i grassi trans fanno male?

I grassi idrogenati e la margarina contengono i grassi trans, che hanno i seguenti effetti sull’organismo:

– Abbassano il colesterolo HDL e alzano quello LDL

– Aumentano il rischio cardiovascolare più dei grassi saturi

– Abbassano il valore biologico del latte materno

– Causano un basso peso dei bambini alla nascita

– Aumentano i livelli di insulina in risposta a un carico glicemico

– Interferiscono con la risposta immunitaria diminuendo l’efficienza della risposta delle cellule B e aumentando la proliferazione delle cellule T

– Diminuiscono il livello di testosterone

– Inibiscono alcune reazioni enzimatiche fondamentali

– Alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari

– Alterano la costituzione e il numero degli adipociti (cellule di deposito del grasso)

– Interferiscono con il metabolismo degli acidi grassi essenziali omega-3

– Incrementano la produzione di radicali liberi

 

Ci sono informazioni dettagliate in questo articolo di Roberto Albanesi, del quale riportiamo un passo significativo.

“In genere quando una sostanza è tollerata dal corpo si fissano delle dosi giornaliere accettabili (per esempio per il dolcificante aspartame è di 50 mg/kg, per il vino un paio di bicchieri al giorno ecc). Ebbene l’Institute of Medicine (IOM) of the National Academies of Sciences, Engineering, Medicine and Research Council americano ha proposto per i grassi trans un Tolerable Upper Intake Level (UL) di ZERO.”

Dove troviamo i grassi trans?

I grassi trans si trovano purtroppo in moltissimi prodotti industriali e artigianali. Tuttavia, non è difficile eliminarli completamente dalla propria alimentazione. Li troviamo in tutti gli alimenti che riportano come dicitura tra gli ingredienti: oli vegetali idrogenati, oli vegetali parzialmente idrogenati, grassi vegetali idrogenati, grassi vegetali parzialmente idrogenati, margarina.

E i gelati artigianali?

La situazione dei gelati non è grave come quella delle pasticcerie, ma il rischio è comunque alto. Ormai quasi tutte le gelaterie fanno uso di preparati industriali che spesso contengono grassi trans, che hanno il vantaggio di far sciogliere il gelato più lentamente (GELATI A MONTAGNA).

Valgono le stesse indicazioni delle pasticcerie: verificate se tra gli ingredienti ci sono i grassi trans e create una lista personale di gelaterie di qualità che non fanno uso di grassi trans.

In questo caso, fortunatamente, qualità del gelato equivale spesso a assenza di grassi trans.

Che cosa sono i mono e i bi-gliceridi?

 I trigliceridi rappresentano circa il 95% dei lipidi (grassi) alimentari.

Una molecola di trigliceride si forma quando una molecola di glicerina (un alcool a tre atomi di carbonio) si combina con 3 molecole di acido grasso. Occasionalmente solo una o due molecole dell’acido grasso si combinano con una molecola di glicerina per formare rispettivamente monogliceridi e digliceridi.

Mono e digliceridi sono esteri degli acidi che formano i grassi commestibili generalmente del glicerolo. Queste sostanze chimiche sono prodotte sinteticamente principalmente per agire come emulsionanti nella margarina. Sono inoltre usati nei prodotti da forno per conservarne la “morbidezza”, nelle bevande, nel gelato, nel latte ghiacciato, nel latte, nel composto base dei chewingum, nel grasso di pasticceria, nel lardo, nei pasticcini, nel cioccolato e nei dolci al cioccolato, nel grasso animale sciolto, nelle guarnizioni dei dolci. Inoltre, sono oggetto di studio per individuarne eventuali effetti cancerogeni.

 

Il Pistacchio di Bronte

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La nostra Italia, quanti tesori da scoprire.

Un frutto che viene da lontano, dalla Persia alla Turchia, è proprio il Pistacchio, che si è radicato nella splendida Sicilia, nello specifico a Bronte.

La pianta ha origini antichissime: già nota e coltivata dagli antichi ebrei, che ritenevano il suo frutto prezioso, la coltivazione del pistacchio fu poi incrementata e sperimentata dagli Arabi, che strapparono la Sicilia ai Bizantini i quali trovarono nell’isola, in particolare alle pendici dell’Etna, l’habitat naturale per uno sviluppo rigoglioso e peculiare della pianta.

È così che nasce il pistacchio di Bronte, la cui notorietà è cresciuta enormemente negli anni e, di conseguenza, anche la richiesta.

Nel 2009, il pistacchio di Bronte ha ottenuto la Denominazione di origine protetta DOP.

 

Qualche informazione utile.

Grazie al terreno lavico, concimato dalle ceneri vulcaniche, il frutto ha un gusto e un aroma che supera come la qualità la restante produzione mondiale.

La caratteristica di maggior importanza del pistacchio di Bronte riguarda il contenuto di clorofilla, superiore ad altri tipi di pistacchio, ed è a questo che si deve il suo colore verde intenso. Inoltre, il sapore è nettamente più deciso, grazie alle caratteristiche del terreno, ricco di sostanze minerali anche per via delle frequenti colate laviche dell’Etna.

Qualche curiosità?

I chicchi, infatti, vengono selezionati manualmente scegliendo quelli con il guscio aperto almeno di alcuni millimetri, per consentire al consumatore di aprire il frutto con le unghia e consumare il prodotto.

In tal senso, è da consumare fresco, senza tostatura o salatura.

Proprietà

Il pistacchio, in generale, come gli altri semi oleosi, favorisce la riduzione di stress ossidativo e l’infiammazione: rispetto ad altri semi oleosi, contiene infatti un maggior quantitativo di sostanze antiossidanti quali luteina, tocoferoli e beta-carotene. Sono anche una buona fonte di sali minerali.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia 30g di pistacchi, magari come spuntino. Tra i vari tipi di frutta secca, è tra le meno caloriche e con un maggior numero di semi per porzione: una porzione di 30g sono circa 49 semi di pistacchi e apportano circa 170 Kcal.

 

La regina di Sorrento: la noce

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Un tuffo nella penisola Sorrentina per parlarvi della noce, la famosa noce di Sorrento che ogni anno scegliamo per offrirvi sempre il meglio.

Dovete sapere che con il tempo sono nati un’ampia gamma di biotipi ma i due più diffusi sono: uno allungato, regolare, leggermente appuntito all’apice e smussato alla base, l’altro rotondeggiante, più piccolo. Le valve, in entrambi i casi, sono lisce, di ridotto spessore, il frutto è costituito dal gheriglio di sapore gradevolissimo, poco oleoso di colore bianco crema.

La raccolta si concentra nei mesi di settembre e ottobre con una resa estremamente variabile, anche in considerazione delle condizioni nelle quali si trova la coltura.

Un po’ di storia

Secondo la tradizione, infatti, ai novelli sposi venivano lanciate delle noci in segno ben eaugurale, perché considerate simbolo di fecondità. Nella mitologia romana, invece, questo frutto era considerato simbolo degli inferi.

L’antica presenza del noce in Campania, comunque, è testimoniata dal ritrovamento negli scavi di Pompei di alberi carbonizzati molto simili agli attuali. L’ambiente pedoclimatico campano, particolarmente favorevole a tale coltura, ha consentito una sua larga diffusione nella maggior parte degli areali di pianura e di collina.

Curiosità

La noce di Sorrento ha una forma ovale, il suo guscio è marrone chiaro e leggermente rugoso mentre il gheriglio ha un colore bianco/crema ed è molto tenero e croccante. Ed è proprio il suo gheriglio che vanta una caratteristica pregiata e apprezzata dall’industria dolciaria: può essere estratto facilmente integro a differenza degli agli altri tipi di noce.

 

Cioccolato my love: la cabossa

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Cari amici, eccoci di nuovo con un nuovo e interessantissimo approfondimento sul cioccolato!

I frutti dell’albero di cacao si chiamano cabosse e, il gusto varia semplicemente in base al tipo di pianta, del suolo, della temperatura, dal sole e dalle piogge. 

Ogni pianta di cacao produce dalle 20 alle 50 cabosse all’anno.

Le cabosse contengono circa dai 20 ai 40 semi o fave di cacao.

Volete sapere quante cabosse servono per ottenere un kg di cacao? Circa 10 cabosse!

Inoltre, una pianta di cacao non è subito pronta per produrre i frutti: infatti, devono passare almeno 5 anni prima che questa inizia a fare frutti. 

Successivamente, una volta colti i frutti, ci vogliono dai 7 ai 15 giorni per fare essicare le fave al sole, le quali devono essere esposte all’aria aperta e girate periodicamente. 

Una volta fatto questo processo, vengono confezionati i semi di cacao in sacchi di iuta, i quali verranno poi tostati prima di diventare cacao o cioccolato. Durante il processo della tostatura, i semi iniziano ad assumere il colore caratteristico del cacao. In questa fase inoltre, si completa il gusto e si sviluppano gli aromi tipici del cioccolato.

Dopo che i gusci vengono rimossi dai semi tostati, comincia la macinazione (così la granella è più fine) e l’esposizione ad alte temperature. Si genera allora il liquore di cacao, usato per produrre il goloso cioccolato oppure, se ulteriormente lavorato, si ottiene il burro di cacao e la polvere di cacao. Un golosissimo lieto fine.

 

L’articolo originale qui: https://www.perugina.com/it/mondo-perugina/scopri-cacao/dall-albero-al-cioccolato 

Il “Teobroma cacao”, noto come il cioccolato

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Cari amici, l’immagine che vi abbiamo mostrato e che trovate anche qui sotto, è la foto del “Teobroma cacao”, più comunemente chiamato cioccolato.

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Ma sapevate che il cioccolato significa letteralmente cibo degli dei?

Le sue origini sono molto antiche e sono associate al periodo Maya, popolo che fu probabilmente anche il primo a coltivare la pianta del cacao.

La pianta del cacao ha origini antichissime e, secondo precise ricerche botaniche si presume che fosse presente più di 6000 anni fa nel Rio delle Amazzoni e nell’Orinoco.

Già nei tempi antichi il cioccolato era considerato un cibo per privilegiati. I maya riservavano il suo consumo solo ad alcune classi della popolazione: i sovrani, i nobili e i guerrieri.

In Europa i primi semi arrivarono intorno al 1502 con Cristoforo Colombo, ma solo grazie a Cortes furono introdotti nel mondo occidentale. Fernando Cortes capì l’importanza dei semi di cacao e li riportò in Spagna. Quindi furono usati in piantagioni a Trinidad, Haiti, e nell’isola Fernando Po in Africa occidentale dando alla Spagna praticamente il monopolio del commercio del cacao per circa un secolo.

La storia del cioccolato in Italia

Grazie ai rapporti con la Spagna e ai matrimoni dinastici tra eredi delle Case Reali, l’Italia fu uno dei Paesi nei quali la tradizione del cioccolato attecchì prima. 

Fu infatti probabilmente Catalina Micaele, Infanta di Spagna, figlia di Filippo II e sposa di Carlo Emanuele I di Savoia, a portare a Torino il rito della cioccolata calda. Solo 100 anni più tardi, però, due Madame Reali dei Savoia istituzionalizzarono in Italia la specialità iberica: si tratta di Maria Cristina di Francia (figlia del re francese Enrico IV e di Maria de’ Medici) e Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemour, grazie alle quali l’uso della cioccolata divenne comune nei salotti piemontesi. 

Di lì a poco, Torino sarebbe diventata un centro d’eccellenza per la produzione di cioccolato a livello continentale, ruolo che conserva ancora oggi (basti pensare al gianduiotto, nato dalla pasta di gianduia ideata a Torino da Michele Prochet nel 1852, e al “Bicerin”, bevanda a base di cioccolato, caffè e panna simbolo della cultura dolciaria piemontese).

Nei prossimi articoli, vi parliamo della pianta di cioccolato, della lavorazione e di tutti gli utilizzi, continuate